“Beatle-Magia” (Jack Edizioni, 2023, pp. 196, Euro 14), il nuovo libro di Valerio Mattei, è parte di un progetto artistico che troverà la sua manifestazione a 360° veicolando in concerti ed eventi anche il libro precedente, da cui questo deriva, cioè “Lo sciamano” (2019), e altre scritture letterarie e musicali in corso o “in procinto di”. Tale dimensione di work in progress è verificabile anche nell’ottica creativa e aperta con cui “Beatle-Magia” è stato concepito da Valerio: sia per tentare nuovi sentieri interpretativi dei Beatles attraverso la sua sensibilità, sia per cercare egli stesso nuove strade artistiche attraverso la storia e, ancor meglio, l’essenza dei Beatles.
Qualcuno potrebbe obiettare: ancora un libro sui Beatles?! Che altro di nuovo si potrà mai dire? Ebbene, Valerio ci dimostra che di qualsiasi argomento, pure il più consumato, esiste sempre qualche sfaccettatura inedita; ma non è questo il punto. Non ci troviamo di fronte all’ennesimo libro sui Beatles, quanto piuttosto ad una “sinfonia” di esplorazioni sul mistero della creazione artistica che nei Fab Four ebbe modo di manifestarsi fulmineamente, segnando per sempre la cultura attraverso la loro “epifania” planetaria. Le chiavi di lettura sono storiche e sociologiche (cita tra gli altri Franco Ferrarotti ed Edgar Morin), ma soprattutto estetiche. Nella fattispecie, un’estetica a vocazione spiritualistica e messianica, escatologica e misteriosofica. Valerio sviluppa la sua ottica da una concezione provvidenziale della Storia: non l’immanenza di un divenire che trova in se stesso le proprie ragioni, ma la trascendenza di un Disegno che appunto nella Storia si attua e manifesta, per cui non esistono coincidenze e nulla di ciò che accade è per caso. L’affascinante ipotesi è che la partitura dell’esistenza si ricolleghi a una grande Matrice olografica universale che incide continuamente la realtà su “nastro” invisibile e la memorizza in archivio: il “Registro Akashico”, cioè il film del mondo. Non è dato sapere se la realtà è una tessitura che accade di attimo in attimo o una tela già tutta ricamata alla quale dobbiamo estendere il nostro sguardo, oltrepassando il singolo dettaglio.
Anyway, come si spiega l’incredibile avventura dei 4 ragazzi di Liverpool che hanno cambiato il mondo? La loro evoluzione entusiasmante, la loro rapidissima maturazione, la folgorazione creativa che ancora produce la sua fosforescenza ad ogni ascolto? Cos’è che li ha resi e li rende così speciali? Qual è il segreto dei Beatles, il loro carisma, la radice del loro magnetismo, il loro magico ingrediente segreto? Proviamo a sommare i fattori: a + b + c + d + X… E “X” è il quinto membro del gruppo, dove perciò c’è molto più che la somma di Paul, John, George e Ringo Starr. E non stiamo parlando del produttore George Martin… Riflette Valerio: “C’è qualcosa che continua a sfuggire”, qualcosa di intangibile e non riproducibile, altrimenti “quanti Beatles avremmo avuto negli ultimi 60 anni”?
Gli stessi Beatles non sapevano spiegare tutto quel successo:
In una conferenza stampa dei primi anni Sessanta, qualcuno chiese ai Beatles: «Cos’è che fa impazzire i vostri fans?» Paul McCartney rispose con un umile quanto onesto: «Non lo sappiamo». John Lennon invece, geniale e tagliente come sempre, fece esplodere una risata corale dicendo: «Se lo sapessimo formeremmo un altro gruppo e ne saremmo i manager!»
Ma, al di là della Beatle-Mania, da cui a un certo punto ebbero necessità di difendersi, lo sconcerto nasce dal salto evolutivo: da “Love me do” (1963) ad “Across the universe” (1969) c’è un abisso difficilmente spiegabile, oltretutto in così breve tempo! Furono rapiti da una nebulosa creativa che li portò a produrre tanto e a cogliere tesori musicali in rapida sequenza: nella breve ma titanica storia dei Beatles i mesi valgono come anni, tutto è rapidissimo e dà il capogiro.
Valerio chiama in causa la connessione con una Energia superiore che li avrebbe canalizzati: non è altrimenti possibile “conseguire in un arco temporale così ristretto una evoluzione artistica di tale portata (…). Sembra davvero che i Beatles siano stati infusi letteralmente di una qualche saggezza cosmica”. E ancora: “Non scrivi Yesterday, Imagine, Let it be, Strawberry Fields Forever, Lucy in the sky e altri capolavori perché hai deciso di sfondare nella musica”. Non basta il talento e neppure il genio… (fra l’altro i Beatles non sapevano leggere la musica, erano musicisti istintivi). Per spiegare quanto accaduto occorre la Grazia del trascendente, e questa arriva se è necessaria. Nel caso dei Beatles occorreva al mondo per sincronicità con il momento storico: ebbero semplicemente il “merito” e la “fortuna” di trovarsi al posto giusto nel momento giusto per rivelarsi come risposta planetaria alle istanze dei tempi: speranza, emancipazione, giustizia, pace, amore, libertà, felicità. La loro musica consuona con la rivoluzione giovanile, il Concilio Vaticano II, la Nuova Frontiera di Kennedy, lo spirito beat degli anni ‘60. L’intelligenza cosmica li scelse per incarnare tutto questo e affermarlo simultaneamente in tutto il pianeta. La luce che li accese è una sorta di Big Bang da cui scaturisce il rock e il pop che ascoltiamo ancora oggi. Due esempi: “Helter Skelter” all’origine dell’Heavy Metal, e “Tomorrow never knows” della musica elettronica.
Chiaramente Valerio non tralascia – per cenni rapidi e spigliati che presuppongono vaste conoscenze – la storia dei Beatles, anzi riesce a farcela sfilare davanti agli occhi come un videoclip: gli inizi difficili, tra Liverpool e Amburgo, poi l’esplosione del successo, l’Ed Sullivan Show, il Portale Magico che innesca il vortice planetario, la Comedy Song (per esempio Norwegian Wood o Eleanor Rigby), e infine il rifiuto dello show-businnes, la ribellione salvifica alla standardizzazione commerciale, al consumo distratto, alla cultura come oppiaceo. Succede così che nel 1965, soffocati dalla prigione dorata del successo, i Beatles obbediscano al richiamo dello Spirito che bussa alle loro porte: aprono appunto le “porte della percezione” e accolgono i doni della trascendenza, del sogno, delle visioni psichedeliche. Ecco la spiritualità, la meditazione, i testi metafisici, la coscienza cosmica, le culture orientali, l’utilizzo del sitar e il viaggio in India. I Beatles muoiono alle proprie “maschere” e così diventano davvero immortali. Ma restano fedeli alla propria natura, ora più che mai: si tratta di evoluzione organica, benché per certi versi inspiegabile su un piano umano. Il loro sound resta immediatamente riconoscibile anche in questa fase sperimentale. Bellezza e semplicità: melodie indimenticabili che nascondono diversi livelli d’ascolto e tentazioni sinfoniche, già ispirate a suo tempo da George Martin. I Beatles seppero ampiamente dimostrare la possibilità di conciliare qualità e popolarità, cultura alta e cultura di massa, spessore di contenuti e accessibilità di forme.
Il cuore di questo libro è, ripeto, l’ipotesi trascendente di creatività canalizzata: canzoni come gemme sfavillanti ricevute in sogno. Ecco come John Lennon descrive il processo creativo:
È come essere posseduti, come un medium. La cosa deve saltare fuori. Non ti lascerà dormire, così devi svegliarti, trasformarla in qualcosa, e a quel punto avrai il permesso di dormire.
Anche Bono degli U2 nel suo recente libro autobiografico “Surrender” descrive il momento sciamanico in cui sente che la canzone sta cantando lui, non viceversa. E così accade allo scrittore quando viene scritto dalla pagina che scrive. L’artista, nella visione alta di Valerio, è sciamano e sacerdote dell’assoluto, è colui che risveglia e rivela. Come lo shammàs del candelabro ebraico, il nono lume, posto più in alto degli altri 8 per accenderli. Questo è l’artista: un “servitore della Luce” che apre in noi una potente connessione con la scintilla divina e ci sintonizza sul fatto che siamo “esperienze naturali ispirate da Dio” (che tradotto in inglese forma non a caso l’acronimo della parola IMAGINE).
Il libro di Valerio “vuole essere principalmente un omaggio all’insondabilità della materia artistica” e del mistero creativo, per cui non solo i Beatles racchiudono in sé esperienze mitiche millenarie come quelle di Icaro (si sciolsero all’apice del successo), Proteo (erano in metamorfosi costante) e Prometeo (donavano un nuovo fuoco agli uomini), ma la stessa Beatle-Magia si configura come un principio creativo metastorico che opera negli abissi dell’Inconscio collettivo, manifestandosi attraverso i talenti più disparati, alcuni dei quali, evocati da Valerio, si affollano attorno alla potenza magnetica dei Beatles, come in un doppione ideale della copertina del loro album più iconico, il Sergeant Pepper.
Un libro molto ispirato e gestito benissimo, con grande lucidità e maestria comunicativa, che non solo è illuminante perché toglie un po’ di veli agli sguardi opachi di chi legge, ma si lascia fruire come un racconto piacevole, di ottima divulgazione e non comune profondità.
Marco Onofrio